FINALISTA PREMIO CALCANTE PER LA DRAMMATURGIA 2011 - scritto e interpretato da Terry Paternoster - regia Domenico Laddaga - suono e luci Leo Zagariello - produzione Intergea S.r.l.

Lo spettacolo, scritto e interpretato dalla giovane artista appulo-lucana Terry Paternoster, è finalista nel 2011 del Premio Calcante per la Drammaturgia Contemporanea. Un monologo acuto e struggente che vede l’attrice-autrice incarnare tre personaggi, tre destini, tre generazioni di donne, vittime di una violenza efferata e crudele che si consuma fra le mura domestiche. Le tre voci si alternano in un gioco di figurazioni, ricordi e realtà, passando fra le note di una ricercata mistura di dialetti lucani. Un monologo che rinuncia al consenso facile, con una regia essenziale, giocata sul ritmo, di musica, luci e fumo, che immergono lo spettatore in un'esperienza sensoriale ed emotiva e in un'epoca e in una terra del Sud legata alle tradizioni, al giudizio e alla voglia di cambiare. "Nel nome del padre" è uno spettacolo sulla violenza, è una tragedia, una tragedia moderna, una tradegia delle tante...  Trascinato fuori dal limite cronologico, lo spettatore si sentirà coinvolto in una continua ricerca di legame e di senso. Il tutto convoglierà in un unico grande climax emozionale, che lascerà, solo alla fine, spazio alle considerazioni. 

 

 

L'antefatto

Metà anni cinquanta. Carmela, dopo la morte prematura del padre, si trova costretta a crescere da sola con mamma Rosina, in un paesino del sud Italia. Scampata al pericolo di essere rinchiusa in convento, come suggerivano alcune vecchie comari, la piccola Carmela trascorre la sua adolescenza fra le paure di una madre frustrata e severa, vittima di attenzioni indiscrete e chiacchiere di paese. Rosina, rimasta vedova, inizia a lavorare in una masseria come lavandaia e questo permette a lei e a sua figlia di vivere una vita dignitosa. Intanto gli anni passano veloci e Carmela è già una donna, ha ventisette anni (troppi, per essere ancora definita signorina) e negli anni settanta l'emancipazione femminile, rispetto ad alcune banali visioni provinciali, è ancora molto lontana. E' invece vicina, per Carmela, un'inaspettata occasione di matrimonio. E' il giorno della festa di San Rocco, festa patronale del paese, Carmela viene sedotta da un giovane forestiero. Gli anni settanta erano anche anni di grande arretratezza sessuale e soprattutto nelle piccole realtà di provincia, le alternative al nubilato, per una ventisettenne sedotta e abbandonata, erano davvero molto poche. Per cui, la paura delle chiacchiere diventa per Carmela, ancora più forte della violenza subita: il pensiero di denunciare quell'uomo, che a detta di tutti era un bravo ragazzo, si trasforma nell'accordo forzato di arrivare a sposarlo. Il matrimonio di Carmela si rivela da subito un fallimento e l'arrivo della piccola Lucia, non migliorerà le cose. Intanto passano tre anni e la bambina inizia a capire la differenza fra buono e cattivo, ma l'orgoglio di Carmela di apparire, agli occhi di mamma Rosina, come una donna felice, la porta a resistere ai soprusi e alla violenza; fino a quando, gli occhi innocenti di sua figlia Lucia, la spingeranno a decidere di scappare, ma non riuscirà mai a farlo. Lucia ritroverà sua madre in una pozza di sangue, senza vita, vittima dell'assurda follia di un padre, che forse non rivedrà mai più.